martedì 30 gennaio 2018

SE TOCCANO UNA TOCCANO TUTTE! Violenza e abuso di potere sulle candidate al concorso di magistratura.








L'associazione A.R.Pa. ringrazia tutti i Centri Antiviolenza della Rete TOSCA che hanno manifestato la loro solidarietà per quello che è successo alla nostra collega e amica Cristiana.
Riportiamo il comunicato stampa che stiamo diffondendo e vi invitiamo a fare altrettanto!

COMUNICATO STAMPA
Violenza e abuso di potere sulle candidate al concorso di magistratura


Succede tanti secoli fa in un paese lontano, dove le donne erano considerate meno di zero, dove vigeva un regime antidemocratico, una dittatura militare, un paese dove la violenza e l'abuso di potere non erano reati perseguibili...era l'anno 2018 in quel del sud del lontano paese italico, nell'antica Roma.
Succede che al concorso di magistratura agenti in divisa abusino del loro potere per umiliare e agire violenza sulle candidate. Succede che una di queste candidate decida di denunciare quanto accaduto e noi vogliamo raccontarvelo per sostenere e supportare lei e tutte le donne che ieri oggi o domani subiranno questo trattamento.


"Ero in fila per il bagno delle donne. Arrivano dei poliziotti penitenziari e invitano alcune ragazze dietro di me, le ultime della fila, ad andare piuttosto ai bagni esterni. Le colleghe dietro di me si rifiutano, giustamente, perché era quasi il loro turno e già avevano fatto 20 minuti di fila (fare la fila in bagno significa perdere tempo prezioso per la stesura della prova scritta). In maniera molto tranquilla hanno spiegato che non avrebbero voluto perdere altro tempo a fare un’altra fila.
Il poliziotto (oltre a frasi del tipo: “Vi faccio passare dei guai”, “Allora ti lascio cintura e pistola e lo fai te il mio lavoro”) va a chiamare due colleghe poliziotte, le quali si avvicinano alla nostra fila, dicendo: “Non vogliono andare fuori che hanno freddo?! Lasciatele stare qui che le riscaldiamo noi!”
E iniziano a perquisire una ad una le ragazze in fila. Me compresa.
Io lì per lì non ho capito quello che stesse succedendo, non me lo aspettavo, visto che durante le due giornate precedenti non avevo avuto esperienze simili.
Capisco che c’è un problema nel momento in cui una ragazza esce dal bagno piangendo. Tocca a me e loro mi dicono di mettermi nell’angolo (non del bagno, ma del corridoio, con loro due davanti che mi fanno da paravento) per la perquisizione. Non mi mettono le mani addosso, sono sincera.
Mi fanno tirare su maglia e canotta, davanti e dietro. Mi fanno slacciare il reggiseno. Poi giù i pantaloni. Ma la cosa scioccante è stata quando mi hanno chiesto di tirare giù le mutande. Io mi stavo vergognando come la Peggiore delle criminali e le ho tirate giù di mezzo millimetro. A quel punto mi hanno detto: “Dottoressa, avanti! Si cali le mutande. Ancora più giù, faccia quasi per togliersele e si giri. Cos’è? Ha il ciclo, che non se le vuole tirare giù?!”
Mi sono rifiutata, rivestita e tornata al mio posto ma ero allibita.
Questo è quello che oggi è successo a me e ad altre mie colleghe.
Ed ha solo un nome: VIOLENZA".

Ora facciamo un piccolo passo avanti e chiariamo perché è violenza:

1. Il Ministero, secondo quanto riportato dalla stampa, ha dichiarato che la candidata è stata espulsa perché trovata in possesso di bigliettini. Niente di più falso. La candidata non ha mai ricevuto un verbale di espulsione e ha documenti che attestano che abbia portato a termine la prova. Questa si chiama violenza istituzionale.
2. La realtà dei fatti non è il tema del controllo perché alle candidate non è stato richiesto di togliersi le scarpe ma è solo abuso di potere e quindi violenza.
3. Le perquisizioni si fanno in locali idonei non in mezzo ad un corridoio, non facendo tirare giù le mutande a meno che non ci siano gravi sospetti che qualcuno abbia occultato bigliettini. Anche questo è un abuso di potere e quindi violenza.
4. Cristiana ha subito una vittimizzazione secondaria come accade spesso alle vittime di violenze e stupri ed è stata severamente giudicata (anche da molte donne) perché ha denunciato pubblicamente (sui social) la violenza subita. Questo fare giudicante è di fatto violenza.
5. Cristiana ha deciso di denunciare pubblicamente il fatto perché ha dato retta alle sensazioni di mente e corpo: aver subito una cosa che non doveva subire. Cristiana ha pensato che se quella sensazione di schifo l'aveva provata lei - che con la violenza sulle donne ci lavora quotidianamente (è operatrice in un centro antiviolenza ndr) - per le altre candidate doveva essere stata insostenibile.

Ci potete ferire, ma non fermare! Se toccano una, toccano tutte!
Le colleghe e amiche dell'Associazione A.R.Pa. esprimono tutta la loro solidarietà e il loro sostegno alla loro amica, compagna, collega e molto altro, Cristiana.