Ho deciso, per aderire al Siria blogging day, di pubblicare l'articolo uscito su "Il Fatto quotidiano" perchè dice esattamente tutto quello che non sarei riuscita ad esprimere meglio e soprattutto riporta le parole di Aya Homsi, attivista italiana di origine siriana che subisce continue minacce per raccontare la crudeltà del regime di
Assad.
Ecco! Semplicemente lascio a questo articolo raccontare tutta la mia angoscia nei confronti di un occidente che si benda gli occhi di fronte al massacro di un popolo che vuole rivendicare la sua libertà, un'Europa a cui è appena stato consegnato il Nobel per la Pace che, mi permetto di dire, non meritiamo per questo e per tanti altri motivi!
Ecco! Semplicemente lascio a questo articolo raccontare tutta la mia angoscia nei confronti di un occidente che si benda gli occhi di fronte al massacro di un popolo che vuole rivendicare la sua libertà, un'Europa a cui è appena stato consegnato il Nobel per la Pace che, mi permetto di dire, non meritiamo per questo e per tanti altri motivi!
L’11 novembre è il Siria blogging day. Una giornata organizzata da Donne Viola, Articolo 21, Sabrina Ancarola e l’illustratrice Stefania Spanò (sua è l'immagine in testa a questo post) in occasione della quale si invita il mondo della rete a parlare della Siria condividendo nei social network articoli, foto e riflessioni, usando su twitter l’hashtag #SiriaICare. In Siria, infatti, è in corso una guerra civile cominciata nel marzo del 2011, sulla scia della Primavera araba. Da mesi si susseguono violenti scontri tra polizia e manifestanti che vorrebbero spingere il presidente Bashar al-Assad ad attuare le riforme necessarie per fare diventare la Siria un Paese democratico. Finora, secondo le stime dell’Onu, sono state uccise più di 35mila persone e ci sono 1 milione e mezzo di sfollati. Altri sono rifugiati nei Paesi vicini.
Il Siria blogging day non è l’unica iniziativa in programma nei prossimi giorni e dedicata alla situazione di questo Paese martoriato. Il 16 novembre, infatti, una delegazione degli oltre mille bambini delle scuole di Bologna e di Genova che hanno preso parte al progetto “I bambini dell’Italia e della Siria” - durante il quale sono stati sensibilizzati sulla situazione siriana e hanno scritto lettere ai loro coetanei – sarà ricevuta alla Farnesina dal ministro degli Esteri Giulio Terzi. Il 17 novembre, invece, a Bologna ci sarà una grande manifestazione, sempre con protagonisti i bambini, in contemporanea con altre città nel mondo (in Egitto, Usa, Creta, Canada, etc). Un modo per ricordare le bambine e i bambini uccisi nelle stragi, gli orfani che vivono esposti al rischio di stupro e di morte perché impiegati come scudi umani e quelli ridotti in estrema povertà a causa delle guerra. La partenza della marcia è alle 14.30 da piazza Maggiore.
Entrambe queste iniziative verranno realizzate grazie all’impegno di Aya Homsi, attivista italiana di origine siriana. Il gruppo Facebook “Vogliamo la Siria libera” che ha creato più di un anno fa – con oltre 5mila iscritti – è diventato il punto di riferimento per giornalisti, politici e internauti. A causa del suo impegno Homsi continua a ricevere minacce di morte e insulti dai sostenitori del dittatore Assad. “Dicono che devo starmene a casa, che la politica non è per le donne. Ma io non ho paura: questa è stata una mia scelta e voglio andare fino in fondo” racconta. La sua è un’attività intensa. Homsi, infatti, sta anche 16 ore di fila davanti al computer traducendo, organizzando manifestazioni e mettendosi in contatto tramite Skype con i giovani rimasti in Siria. Poi si collega con i gruppi di siriani nel mondo per fare girare video, testimonianze e documenti “per raccontare la crudeltà del regime di Assad”. E aiuta i giornalisti che vogliono entrare illegalmente nel Paese. “Quel che mi lascia perplessa – spiega Homsi – non è tanto che in Italia non si parli di Siria, o lo si faccia con il contagocce. Il vero problema è che le istituzioni non condannano apertamente quello che sta facendo il dittatore Assad. Mettono sullo stesso piano lui e i ribelli. Ma questo è sbagliato. Sicuramente ci saranno delle infiltrazioni tra i ribelli ma quello che stanno facendo è importante. Trovo incredibile che ci siano onorevoli come Souad Sbai e parlamentari che cambiano idea ogni tre giorni oppure un assessore, come quello al Comune di Varese (Stefano Clerici, Pdl), che è stato capace di scrivere su Facebook un messaggio di sostegno ad Assad”.
“Ci sono molti giornalisti volenterosi e coraggiosi che vanno e vengono dalla Siria – continua Homsi – il problema è che in Italia quasi nessuno vuole pubblicare i loro articoli. Perché, la risposta più frequente, è che ‘la Siria non tira’. La verità è che all’Occidente la rivolta siriana non piace. Assad ha sempre fatto comodo per mantenere l’equilibrio tra gli interessi orientali e occidentali. L’Occidente baciava le mani ai dittatori come lui. L’Italia avrebbe dovuto chiudere i contatti con questo Paese. Invece, pur essendo l’ambasciata siriana in Italia chiusa, l’ambasciatore è ancora qui anche se è considerato ‘persona non grata’”. Nonostante la grave assenza della politica, molti italiani si stanno interessando individualmente alla questione siriana. “Sono numerose le persone che partecipano alle nostre iniziative, scrivono, si informano – dice Homsi. – Ci sono Comuni, come ad esempio San Lazzaro di Savena, che è impegnato in prima linea per aiutare la popolazione siriana. E poi ci sono anche alcuni politici che ci danno una mano. Sono pochi, però si impegnano in prima persona. Sono esponenti del Pd, dei Radicali, dell’Idv. E dico questo premettendo che la nostra attività di sostegno al popolo siriano non ha nessuna bandiera politica. Noi accettiamo aiuti da parte di tutti”.