venerdì 3 febbraio 2017

Perchè per noi l'ergastolo non serve!



Leggiamo su Repubblica che il 27 febbraio Fabrizia Giuliani, deputata PD, presenterà in aula una proposta di modifica al codice penale, come emendamento alla legge sul femminicidio, volta ad introdurre l'aggravante dell'ergastolo per chi uccida coniuge, ex coniuge, convivente o persona unita civilmente. Statisticamente parlando, si introdurrebbe l'ergastolo per il femminicida.

Già da anni sono state avanzate proposte di questo genere da rappresentanti di altre forze politiche, per cui non ce  ne voglia l'onorevole Giuliani se stavolta, in ordine di tempo, "tocca" a lei.

Tralasciando tutti i nostri dubbi di costituzionalità della pena a tempo indeterminato in generale (perchè sì, all'art. 27, comma 3 della Costituzione sulla finalità rieducativa della pena crediamo fermamente), da femministe ci dissociamo dalla proposta di legge in questione e chiediamo ben altro a questo Stato, che, oltre a prevedere sull'onda dell'emergenza e del giustizialismo più spicciolo pene esemplari in astratto, si dimentica troppo spesso di predisporre adeguati strumenti di tutela in concreto, anche e soprattutto nella fase antecedente ad un femminicidio.

Il solito problema, detto in maniera semplice: le leggi ci sono, basterebbe applicarle.

Prima di chiedere l'ergastolo, vorremmo che si applicasse pedissequamente ed effettivamente il sistema di misure cautelari e pene introdotto dalla legge sul femminicidio, sistema più aspro rispetto a quello previsto per l'omicidio non determinato dal genere. 
Non sempre una pena più alta è sinonimo di giustizia. Giustizia è, prima cosa tra tutte, applicazione della legge (nel nostro ordinamento giá esistente dal 2013) e certezza della pena.

Prima di chiedere l'ergastolo, azzarderemo sottolineando l'inadeguatezza nella prassi della misura dell'ammonimento del Questore, in caso di percosse e lesioni (per lo stalking era già stato introdotto nel 2009). L'ammonimento, come tutte/i sappiamo, è lo strumento amministrativo alternativo alla querela, con cui il Questore "richiama" il maltrattante. Ora, se fosse effettivamente uno strumento alternativo da utilizzare nei casi in cui la donna non sia ancora pronta per la querela, nulla da dire. Se, invece, nella pratica, si traduce nello strumento ordinario "per non procedere subito con le maniere forti nei confronti dell'uomo violento", è ben altra cosa. Allo stesso modo, se l'ammonimento fosse idoneo a raggiungere la finalità per cui è previsto, cioè far cessare la condotta persecutoria/maltrattante, nulla quaestio. Peccato che di fatto assistiamo, in molti casi, ad un atteggiamento "incattivito" e ad una violenza più grave da parte dell'autore del reato, soprattutto nei casi in cui egli conviva con la donna, che spesso sfocia nell'uccisione.

Prima di invocare l'ergastolo, ci piacerebbe che si sapesse che il femminicidio potrebbe essere evitato, prima che represso con il carcere perpetuo.
E che per evitarlo servono campagne di prevenzione e formazione.

Vorremmo che il Piano d'azione straordinario contro la violenza di genere venisse letteralmente attuato, anche nella sua finalità di (riportiamo testualmente) "garantire la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con fatti di violenza di genere e di stalking". Nello specifico, vorremmo che la donna che subisce violenza non fosse più costretta a leggere nella sua querela "e alla fine l'uomo e la donna hanno fatto l'amore" piuttosto che "la donna è stata violentata", solo perché le Forze dell'ordine non sono adeguatamente formate sul fatto che la violenza sessuale esista anche in un rapporto di matrimonio.

Prima di chiedere l'ergastolo, vorremmo chiedere che bambini e bambine crescessero sapendo che non deve esistere alcuna pietà per una cultura che li vorrebbe incasellati in certi ruoli e stereotipi. E vorremmo che dal Parlamento uscissero leggi che prescrivano che questa crescita debba avvenire anche attraverso la formazione nelle scuole ad opera di operatrici ed operatori specializzati (senza necessariamente che una tale formazione venga additata come "teoria gender").

E siccome anche i Centri Antiviolenza sono essenziali luoghi di formazione e di prevenzione, vorremmo che venisse rispettato quanto promesso dalla legge sui fondi da destinare loro.

Chiediamo questo: sapere di aver tutelato il più possibile ed il prima possibile le donne che subiscono violenza di genere, ergastolo o non ergastolo.
E anche perché preferiamo, ora e sempre, prevenzione e cultura rispetto a provvedimenti repressivi di facciata che nulla risolvono a monte del problema.

Cristiana Sani
Operatrice Centro Antiviolenza D.U.N.A.
Associazione A.R.PA.