L’avvocata aveva già chiesto l’ergastolo per i femmicidi tempo fa e ora insieme alla show girl svizzera chiama alle armi presentando una legge d’iniziativa popolare in cui chiede il carcere per chi si macchia di un crimine legato a una sindrome che non esiste e che sta devastando le donne e i bambini in Italia: quella dell’alienazione parentale
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Domenica scorsa da Fazio è successo qualcosa che ha dell’incredibile: la show girl Michelle Hunzinker, è stata invitata alla trasmissione televisiva su Raitre, “Che tempo che fa”, e ha presentato davanti a milioni di spettatori una proposta di legge dall’avvocata Giulia Bongiorno, per punire penalmente chi “aliena” i bambini dal partner, classificando un reato in base a una sindrome dichiarata inesistente dal Ministero della Sanità, classificata come non scientifica e non utilizzabile dalla sentenza di Cassazione firmata dalla giudice Gabriella Luccioli sul caso del bambino di Cittadella (chi non ricorda le immagini del minore trascinato davanti la scuola) e messa al bando come pericolosa negli Stati Uniti – dove è nata grazie alle teorie del discusso Richard Gardner – e in Spagna per i danni che ha causato.
La proposta, che dovrà essere sostenuta con la raccolta delle firme necessarie per una legge di iniziativa popolare, è stata lanciata in pieno stile nazional-popolare proprio da Hunzinker e Bongiorno che qualche anno fa hanno dato vita a “Doppia Difesa”, un’associazione a tutela delle donne che subiscono violenza, e che per questo dovrebbero sapere quanto siano proprio queste donne, e i minori che le accompagnano, i primi soggetti esposti alla fantomatica, quanto mai pericolosa, alienazione parentale.
Invitiamo quindi tutte e tutti a mandare una mail di dissenso con allegato l'articolo di Luisa Betti che ben spiega l'assurdità di tale proposta:
http://bettirossa.com/
raitre.chetempochefa@rai.i
chefuoritempochefa@rai.it
info@doppiadifesa.it
segreteria@doppiadifesa.it
Il disegno di legge
La legge, dal titolo “Disposizioni penali in tema di abuso delle relazioni familiari o di affido”, si vorrebbe inserire “dopo l’art. 572 c.p. che punisce i maltrattamenti contro i familiari e i conviventi”, e intende “perseguire (con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni) particolari condotte di abuso dei rapporti intrafamiliari o di affido, volte a impedire l’esercizio della potestà genitoriale, ingenerando nel minore sentimenti di astio, disprezzo o rifiuto verso il genitore alienato”, ponendosi l’obiettivo di punire “il genitore affidatario nei confronti del non affidatario” ma dando anche la “possibilità di punire anche quelle condotte poste in essere ai danni del minore e di uno dei genitori da parte di un altro familiare”, allargando così il raggio d’azione anche ad altri elementi della famiglia. La legge punirebbe chiunque ostacoli “l’impedimento dell’esercizio della potestà genitoriale”: un concetto, quello della potestà, già superato nel diritto di famiglia con la “responsabilità genitoriale”, che qui invece viene ribadito a prescindere e senza specificare se il genitore rifiutato dal minore (“alienato”) possa invece essere veramente dannoso per il minore, come appunto nel caso di un genitore violento. Ma come si fa a rischiare di prendersi fino a tre anni di reclusione sulla base di una sindrome classificata da più parti come non scientifica e di cui sono stati ravvisati danni proprio su quei minori e su quelle donne che Bongiorno e Hunziker vorrebbero tutelare con “Doppia difesa”?
La Pas
Che la Pas (Parental alienation syndrome in Italia tradotto come Sap, Sindrome di alienazione parentale e poi usata anche solo con AP, Alienazione parentale) sia un raggiro, è stato già dichiarato da più parti. Giuliana Olzai, ricercatrice statistica e autrice del libro “Abuso sessuale sui minori. Scenari, dinamiche, testimonianze”, ricorda che “Come ben noto, la Pas non ha alcun riconoscimento scientifico né è inserita nelle due maggiori classificazioni internazionali dei Disturbi mentali (il DSM e l’ICD) e non è minimamente considerata dall’APA (American Psychological Association)”. Olzai sottolinea che l’Istituto di ricerca dei procuratori americani della National District Attorneys Association, nel 2003 ha scritto che “La Pas è una teoria non verificata che, se non contestata, può provocare conseguenze a lungo termine per il bambino che cerca protezione nei tribunali”, e che “è in grado di minacciare l’integrità del sistema di giustizia penale e la sicurezza dei bambini vittime di abusi”. Sempre negli Stati Uniti, e precisamente nella revisione delle linee guida per i giudici del 2006, si legge che la Pas è “Una sindrome screditata che favorisce gli abusanti di bambini in controversie per la custodia”, mentre l’Associazione Spagnola di Neuropsichiatri nel 2010 si è dichiarata contro l’uso della Pas perché “non ha fondamenti scientifici” e “la sua applicazione in tribunale comporta gravi rischi”. Ma sull’Alienazione parentale anche il nostro Ministero della Sanità si è pronunciato anni fa, e attraverso il Sottosegretario di Stato per la Salute ha dichiarato che “Sebbene la Pas sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine disturbo, l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici”.
In Italia quella che ha segnato un vero e proprio spartiacque è stata però la sentenza di Cassazione (n. 7041 del 20 marzo 2013) sul caso del bambino di Cittadella – che abbiamo visto in tv mentre era trascinato con forza fuori dalla scuola per essere portato in casa famiglia – che sottolinea “la mancata verifica dell’attendibilità scientifica della teoria posta alla base della diagnosi di sindrome di alienazione parentale”, contenuta invece nella CTU (Consulenza tecnica d’Ufficio) fatta dallo psichiatra e decisiva per il prelevamento coatto del bambino che abitava con la madre e non voleva andare con il padre. La sentenza descrive in maniera ampia i riferimenti accademici internazionali che disconoscono la Pas, sottolinea la sua assenza nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e fa riferimento al suo fondatore, il “professor” Richard Gardner, come a un “volontario non retribuito” presso la Columbia University noto per “aver giustificato la pedofilia”. Una sentenza che essendo stata emessa dalla suprema corte fa giurisprudenza e che non solo ha riportato il bimbo nella casa materna ma ha ribadito il principio per cui un giudice, prima di esprimersi, è tenuto a verificare “il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale”, in assenza della cui verifica si corre il rischio “di adottare soluzioni potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che teorie non rigorosamente verificate pretendono di scongiurare” (testo integrale della sentenza).
Infine sia la Federazione nazionale degli Ordini dei medici che Società italiana di pediatria e l’Ordine degli psicologi della Regione Lazio si sono espressi contro la Pas, ma sono soprattutto i centri antiviolenza che, attraverso la rete DiRe, hanno messo in guardia sull’alienazione parentale in quanto le stesse avvocate che difendono le donne vittime di violenza e accompagnate da minori, si lamentano di ritrovarsi nella situazione per cui l’alienazione genitoriale viene usata “in maniera strumentale dagli autori delle violenze che fanno leva sulla minaccia di sottrarre i figli per tenere le donne sotto il loro controllo”, sia nei tribunali dei minori che nei tribunali civili al momento della separazione e della decisione dell’affido dei figli.
Violenza domestica e minori abusati
La proposta della Bongiorno, sponsorizzata pubblicamente da Hunzinker, entra a gamba tesa in quel vespaio che è diventato in Italia l’affido condiviso, entrato in vigore con la legge 54 varata nel 2006, che ha trovato un Paese impreparato a questa evoluzione legislativa e una schiera di avvocati e psicologi che hanno usato l’arma dell’inesistente Pas, e con parcelle a volte da capogiro, per rinnegare maltrattamenti in famiglia e violenza domestica, provocando così danni sostanziosi sui soggetti più esposti: donne e minori in molti casi rivittimizzati in tribunale perché non creduti grazie alla Pas. Ma se “Doppia Difesa” offre consulenza, assistenza legale e psicologica a donne vittime di abusi, violenze e discriminazioni, dovrebbe essere a conoscenza dello spaventoso mondo della Pas, e soprattutto dovrebbe sapere che sono state proprio le Nazioni Unite, nelle Raccomandazioni del Comitato Cedaw all’Italia, a specificare di non prendere in considerazione la Pas.
Nella Raccomandazione 50/2011 CEDAW si legge testualmente: “Il Comitato ha notato che la Legge n.54/2006 ha introdotto l’affido condiviso (fisico) come via preferita in caso di separazione o divorzio. Tuttavia il Comitato è preoccupato per la mancanza di studi sugli effetti di questo cambiamento legale, in particolare alla luce di ricerche comparative che indichino gli effetti negativi sui minori, specialmente sui bambini più piccoli, in caso di imposizione dell’affido condiviso. Il Comitato è, inoltre, preoccupato per il fatto che, nell’ambito dei procedimenti relativi all’affido condiviso, in caso di presunti episodi di abuso sui minori, possano essere prodotte consulenze basate sulla dubbia teoria della Sindrome da Alienazione Parentale (PAS)”. Mentre nella Convenzione di Istanbul. ratificata dall’Italia in maniera vincolante nel 2013, si legge che “Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione; adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini” (Articolo 31 – Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza).
Quello che infatti succede in Italia, e che forse non tutti sanno incluso Fabio Fazio, è che sempre più spesso donne che denunciano violenza domestica e hanno i figli che non vogliono vedere il padre proprio perché vittime di violenza assistita o subita, si ritrovano accusate di alienare questi minori grazie alla Pas che serve a dimostrare che la violenza non c’è e che è in realtà si tratta di una falsa accusa in quanto è la madre che mette contro la prole nei riguardi del padre, e questo senza neanche ascoltare le ragioni del minore: una situazione che questa legge aggraverebbe mandando queste donne anche in prigione.
Tribunali e affido coatto
Quello che bisogna sapere non è che i bambini dei genitori separati sono “affetti” da Pas, come ha sostenuto Hunzinker in Tv, ma che dal 2006 a oggi in Italia si è sviluppato intorno all’affido condiviso un vero inferno in cui gli abusi e le violenza in famiglia non sono più dimostrabili grazie alla Pas, perché oggi se un bambino non vuole vedere un genitore perché è stato abusato da lui o perché ha assistito a violenza sulla madre, è solo perché è “alienato”: tanto che ormai i giudici preferiscono togliere il minore anche al genitore accudente (in questi casi la madre) e mandarlo in casa famiglia pur di non rischiare. Un escamotage, l’alienazione parentale, che è diventata consuetudine nei tribunali grazie alla “pseudo-letteratura” che circola tra psicologi e psichiatri che redigono Ctu e Ctp usando sistematicamente una “malattia” non scientificamente provata ed esibendo un’ignoranza straordinaria verso le dinamiche della violenza intrafamiliare, tanto da non saperla neanche riconoscere.
Il vero bubbone qui è il numero spaventoso delle donne che pur subendo violenza da un partner, si ritrovano da una parte un ricorso per maltrattamenti in famiglia in procura, e un ricorso per l’affido in un tribunale civile o minori che spesso si conclude con l’affido condiviso o addirittura con l’affido ai servizi o la segregazione in casa famiglia. Madri che sempre più spesso rinunciano a denunciare per non sentirsi dire la frase, pronunciata da assistenti sociali, psicologi e psichiatri, che non è vero che il padre è violento ma che è lei a essere un’isterica che mette il bambino “contro” il padre e lo ”aliena” dal figlio.
L’inventore della Pas: Richard Gardner
Una realtà ancora più spaventosa quando si vanno a vedere i casi in cui è il minore che subisce violenza dal genitore maschio (che rappresenta la maggioranza dei casi di abusi): qui le madri che denunciano il marito-padre pedofilo rischiano grosso nel momento in cui si vanno a separare per allontanare l’abusante in quanto possono anche rischiare che il bambino, proprio grazie alla Pas, sia costretto a vedere il padre violento e in certi casi possa addirittura essere affidato a lui. Tutto questo grazie alla tesi delle “false accuse”, inventata per sfuggire alle condanne per pedofilia, basata sul sistema dell’alienazione ideata da Richard Gardner che negli Usa creò talmente tanti danni da essere bandita. Patrizia Romito, psicologa e docente all’Università di Trieste, precisa che “Gardner ha formulato delle raccomandazioni sulla terapia adatta ai genitori alienanti (le madri) e ai loro figli indottrinati. Egli parla di tre livelli di gravità della Sap: lieve, moderato e grave. Il trattamento sarebbe applicabile nei primi due livelli, mentre nel terzo sarebbe indispensabile trasferire la custodia del bambino al genitore alienato, ossia al padre denunciato per abuso (Gardner, 1998). La terapia proposta è di tipo familiare, in contesto coatto”. “Il terapeuta – spiega Romito – dovrebbe adottare un approccio autoritario, impiegando frequentemente minacce che siano credibili” e per quanto riguarda il rapporto con il bambino “dovrebbe ignorare le sue lamentele” perché, scrive Gardner: “deve avere la pelle dura ed essere in grado di tollerare le grida e le dichiarazioni sul pericolo di maltrattamento” (Gardner, 1999a; p. 201).
Luisa Betti
Luisa Betti è giornalista professionista, esperta di diritti, violazioni e discriminazioni su donne e minori. Ha scritto per Pagina99 e sul Manifesto dove cura il blog Antiviolenza del giornale online con approfondimenti sulla violenza maschile contro le donne in Italia e nel mondo. È sulla 27esimaora del Corriere della sera, è autrice della piattaforma d'informazione “Donne x Diritti” bettirossa.com, si occupa di diritti umani sulla rivista svizzera “Azione”, ha scritto per riviste internazionali come “East” e “Le Monde Diplomatique” (IT), ha realizzato la video inchiesta sui bambini con le mamme detenute, “Il carcere sotto i tre anni di vita”, per Rainews24, ed è tra le promotrici della Convenzione “No More” contro la violenza sulle donne – femminicidio, di cui è referente per GiULiA. Fa parte di Articolo21 ed è una delle prime giornaliste in Italia ad aver affrontato e scritto su femmicidio - femminicidio, battendosi per farne adottare i termini nelle redazioni e nel linguaggio comune. Ha maturato una lunga esperienza nell'ambito della ricerca sui diritti delle donne e sul femminicidio, e in maniera particolare sul ruolo legato ai media, con consulenze e partecipando a conferenze istituzionali e internazionali in qualità di relatrice. Tiene come docente seminari e corsi di formazione per avvocati, operatori e operatrici del settore e recentemente per giornalisti.
Evento FB: MAIL BOMBING A HUNZICKER-BONGIORNO-FAZIO