NOI DONNE:
Il 6 febbraio è la Giornata internazionale per l'abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili, una pratica cui sono state sottoposte circa 140 milioni di donne nel mondo.
L'impegno dell'Italia, che in questo campo si era distinta negli anni passati, sia con misure volte a prevenire la pratica nel nostro paese, sia con misure di cooperazione allo sviluppo, è venuto progressivamente affievolendosi.
Poco o nulla si sa dei fondi che ogni anno la legge n. 7/2006 mette a disposizione le attività di prevenzione. I tagli di bilancio rischiano di porre fine anche a queste attività?
La lettera aperta che AIDOS indirizza oggi ai ministri del Welfare con delega alle Pari Opportunità Elsa Fornero, della Salute Renato Balduzzi, degli Esteri Giuliomaria Terzi di Sant'Agata e della Cooperazione Internazionale e Integrazione Andrea Riccardi vuole essere un richiamo all'impegno dell'Italia per promuovere l'abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili, un impegno che non può venire meno proprio nel momento in cui si registrano i primi progressi verso l'abbandono definitivo della pratica e dunque verso il pieno godimento dei diritti umani anche per le donne e bambine finora sottomesse a questa norma sociale.
AIDOS confida nella sensibilità e attenzione dei Ministri per ricevere presto una risposta ai propri quesiti, e ringrazia vivamente per dare visibilità a questo messaggio, affiancando AIDOS e le tante donne africane impegnate, in Italia e nei propri paesi d'origine, affinché nessuna bimba sia più costretta a subire questa pratica.
LEGGI LA LETTERA
DI COSA PARLIAMO!
L’ infibulazione è il termine che si usa per indicare le mutilazioni genitali che vengono inflitte in certe parti del mondo. Questa pratica consiste nell’asportazione del clitoride, delle piccole labbra e parte di quelle grandi, e nella cucitura della vulva, senza anestesia; viene lasciato aperto solo un foro per la fuoriuscita del sangue mestruale e dell’urina. Tutto questo per mantenere intatta la purezza della donna.
Le donne che non subiscono questa pratica vengono considerate impure, non troveranno mai marito, fino all’allontanamento dalla società.
Questo fenomeno riguarda bambine, ragazze e donne.
Il sistema giudiziario di alcuni paesi ammette che tra le cause di divorzio compaiano anche difetti fisici della sposa, dovuti a infibulazioni malriuscite.
Le conseguenze di questa tradizione si ripercuotono a livello psicologico sulla donna, ma anche a livello fisico: i rapporti sessuali saranno impossibili fino alla defibulazione, che consiste nella scucitura della vulva, da parte dello sposo, per consentire la consumazione del matrimonio. I rapporti sessuali diventano dolorosissimi ed è impossibile che le donne possano trarne piacere. Spesso insorgono complicazioni come cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali.
Possono subentrare complicazione anche nel momento del parto: il bambino si trova a dover passare attraverso del tessuto cicatrizzato e quindi non elastico, il rischio che corre è di non ricevere abbastanza ossigeno al cervello e di avere conseguenze a livello neurologico. Durante il parto le donne infibulate rischiano la rottura dell’utero, con conseguenze fatali per la madre e il bambino.
Dopo ogni parto la donna subisce un’altra infibulazione per ripristinare la situazione prematrimoniale.
In Egitto nonostante tale pratica è illegale, si calcola che tra l’85% e il 95% delle donne sia stata sottoposta ad infibulazione. La Somalia dove il 98% delle donne è sottoposta a tale pratica, è stata definita dall’antropologo francese de Villeneuve, “il paese delle donne cucite”.
Questa pratica non viene eseguita solo nel continente africano ma anche in Bolivia, Yemen, Kurdistan, Indonesia e persino Italia (ogni anno 2000 o 3000 bambine immigrate sono a rischio).
Si stima che nel mondo sono 150 mila le donne che sono state sottoposte alla mutilazione genitale, un dato sconcertante, se si pensa che tale pratica non è di tradizione religiosa, ma una conseguenza dovuta ad una società patriarcale.
Ogni giorno l’infibulazione viene subita da 8 mila bambine.
Secondo uno studio di Aldo Morrone direttore dell’INMP - Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni
Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà. In Italia le donne infibulate sono 35 mila.