domenica 28 maggio 2017

Requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita

A.R.Pa. il 3 Marzo 2017 ha partecipato al convegno organizzato dal CISMAI e dall'Associazione Artemisia di Firenze sulla Presentazione delle Linee Guida d’intervento per gli Special Orphans avendo nel nostro piccolo contribuito attivamente alla ricerca Switch-Off-Orfani speciali di femminicidio- . Il nostro lavoro come Centro antiviolenza D.U.N.A. ci vede, infatti, sempre più impegnate ad affrontare la questione dei e delle minori che vivono o hanno vissuto situazioni di violenza, abusi e maltrattamenti anche in forma indiretta, ovvero la violenza assistita, che chi opera nei Centri sa bene come sia uno dei fattori di rischio che possono portare ad adulti maltrattanti e adulte maltrattate. Una corretta presa in carico ed il trattamento in questi casi è di importanza enorme ed è per questo che riteniamo fondamentale questo lavoro fatto dal CISMAI e che ci auguriamo venga preso in seria considerazione.

Per violenza assistita intrafamiliare si intende l’esperire da parte della/del bambina/o e adolescente qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica e atti persecutori (c.d. stalking) su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulte o minorenni. Di particolare gravità è la condizione degli orfani denominati speciali, vittime di violenza assistita da omicidio, omicidi plurimi, omicidio-suicidio. Il/la bambino/a o l’adolescente può farne esperienza direttamente (quando la violenza/omicidio avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il/la minorenne è o viene a conoscenza della violenza/omicidio), e/o percependone gli effetti acuti e cronici, fisici e psicologici. La violenza assistita include l’assistere a violenze di minorenni su altri minorenni e/o su altri membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni degli animali domestici e da allevamento. La violenza sulle donne è un fenomeno diffuso, ancora sottovalutato e scarsamente rilevato, che può mettere a rischio, a partire dalle prime fasi della gravidanza, la salute psico-fisica e la vita stessa, sia delle madri che dei figli. Il coinvolgimento dei bambini nella violenza domestica può avvenire non solo durante la convivenza dei genitori, ma anche nella fase di separazione e dopo la separazione stessa. Queste ultime due fasi sono particolarmente a rischio per il coinvolgimento dei figli da parte del padre/partner violento, il quale può utilizzare i bambini come strumento per reiterare i maltrattamenti sulla madre e per continuare a controllarla. Inoltre in queste fasi aumenta il rischio di escalation della violenza e la possibilità di un esito letale (omicidio della madre, omicidi plurimi, omicidio-suicidio). Le dinamiche della violenza domestica interferiscono sulla relazione con i figli, alterando l’espressione delle funzioni genitoriali della madre e del padre maltrattante e i modelli di attaccamento. (CISMAI 2005)
Potete trovare qui il documento che parte dalla definizione di violenza assistita già assunta dal CISMAI, il Coordinamento Italiano dei Servizi Contro il Maltrattamento e l'Abuso dell'Infanzia ( 2005), indicando quindi i requisiti minimi degli interventi relativamente alle fasi della:
- rilevazione,
- protezione,
-valutazione,
-trattamento,
Anche in linea con quanto indicato dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, c.d. Convenzione di Istanbul, sottoscritta dall’Italia il 27 settembre 2012 e ratificata dal Parlamento con la legge n. 77/2013, entrata invigore il 1 agosto 2014.
Questa revisione enuclea i principali elementi su cui porre attenzione nell’impostazione degli interventi a favore dei bambini e delle bambine vittime di violenza assistita da maltrattamento sulle madri. Sono da includere quei casi, rari per l’incidenza, in cui il/la minorenne ha assistito direttamente o indirettamente all’omicidio della madre e/o di altri familiari o all’omicidio/suicidio da parte del padre. Sottolinea comunque la necessità della presa in carico anche delle altre tipologie di Violenza Assistita a danno dei/delle minorenni, in particolare della Violenza Assistita da abuso e maltrattamenti sui fratelli e sulle sorelle.


ARPA al Toscana Pride di Arezzo!


Anche per questo anno 2017 A.R.Pa. ha partecipato al Toscana Pride, perchè dove si parla di diritti noi ci saremo sempre!

Siamo orgogliose che anche le nostre istituzioni locali abbiano sfilato in nome della parità dei diritti per tutti e tutte.

venerdì 26 maggio 2017

Quando la violenza è istituzionale!

Vi raccontiamo una storia di violenza istituzionale e mediatica iniziata quasi due mesi fa e che ci vede nel bel mezzo di una guerra politica che non ci appartiene e che rifiutiamo!

Il 29 Aprile 2017 esce questo articolo su Il Tirreno, dopo che la Commissione Sociale del Comune di Massa ci ha convocate con un generico oggetto "Violenza di genere" e telefonicamente la segreteria ci comunicava che la Commissione voleva i dati sull'andamento della situazione territoriale sul tema.
In quella Commissione ci viene fatto un vero e proprio processo senza conoscere il caso, la nostra convenzione con l'Ente (su cui vi illumineremo a breve) e senza darci l'opportunità di spiegare a dovere la questione.

Il 4 Maggio 2017 su nostra richiesta viene convocata in Comune una riunione istituzionale, a cui partecipa anche la parte tecnica, durante la quale viene messo in evidenza e riconosciuto come il problema sia di natura culturale, come da una parte non si riesca a comprendere cosa sia una Casa Rifugio e la differenza tra questa e una qualsiasi altra struttura di accoglienza e dall'altra non si riesca a comprendere, riconoscere e dare valore al nostro lavoro. Viene fuori con chiarezza come alcuni abbiano una visione che prevede un'illogica distinzione operativa tra Centro Antiviolenza e Casa Rifugio, una visione miope che schiaccia la connotazione culturale dei Centri Antiviolenza, volti a produrre cambiamento sociale, sulla logica del mero servizio emergenziale.

Il 22 Maggio 2017 a seguito di un'altra Commissione Sociale, il Consigliere di Forza Italia, scrive una lettera senza la minima cognizione di causa del caso e delle convenzioni fra noi e l'Ente di riferimento, facendo partire l'ennesima macchina del fango sia sulla TV locale Antenna 3 che sul quotidiano locale Il Tirreno che su Facebook.


Il livello di informazioni false raggiunge punte massime.
1) Nessuna di noi ha mai fatto una distinzione tra "violenza di genere" e "violenza domestica"...è un'idiozia! E credeteci se vi diciamo che sappiamo molto bene quale sia la definizione di "violenza di genere" dato che vantiamo anni di formazione e pratica.
2) Il caso in questione (di cui ovviamente non possiamo parlare nei particolari per questioni di privacy) era un caso di una famiglia vessata, da più di venti anni, dalla tossicodipendenza del figlio. Figlio con precedenti penali, violento con chiunque e solito rubare per procacciarsi la droga. Un caso noto. La volontà della madre di questo figlio era quella di poter rimanere a casa sua. E chi ha almeno la minima idea di come funzionino i centri antiviolenza sa che requisiti indispensabili per l'inserimento in casa rifugio sono la volontà e la richiesta esplicita della donna di uscire dalla situazione di violenza e maltrattamento in cui versa. Inoltre si usano strumenti scientifici riconosciuti a livello internazionale per le valutazioni dei casi. La valutazione viene fatta da più punti di vista,
da quello del rischio che la donna corre a quello della situazione in cui essa si trova e le domande su
quest'ultimo aspetto sono fondamentali per garantire un buon lavoro su di essa e per tutelare eventuali
altre donne presenti nella casa rifugio, le operatrici stesse, la segretezza del luogo.
3) Noi siamo tutte operatrici specializzate VOLONTARIE, non percepiamo soldi dal Comune di Massa, con cui abbiamo forse l'unica convenzione a zero d'Italia, ed il Centro Antiviolenza non è dell'Ente, ma della nostra Associazione A.R.PA..(se ve lo state chiedendo...l'Associazione nasce nel 2001, il Centro nel 2013 e dal 2009 facciamo parte della rete interistituzionale provinciale antiviolenza!)
4) A novembre 2016 riusciamo, dopo due anni di battaglie, a raggiungere il traguardo di avere una casa rifugio con 4 camere, un bene sottratto alla mafia che può dunque essere utilizzato unicamente per scopi sociali, che ci viene affidato in comodato d'uso gratuito con l'onere a nostro carico delle utenze e delle spese condominiali.
5) Le rette previste per le donne e per i/le minori ospiti sono di 30€ al giorno, cosa che farebbe supporre che ci converrebbe ospitare chiunque senza andare troppo per il sottile, ma avendo un'etica, una professionalità e seguendo linee guida e procedure comuni con i centri Tosca, il coordinamento regionale dei centri antiviolenza toscani di cui facciamo parte, non ci passa neanche per idea questo tipo di opzione! A proposito di rette...vi abbiamo già detto che nonostante la Casa rifugio sia attiva dal 1° gennaio 2017 e da subito si abbiano avuti ingressi non abbiamo ancora visto 1€??? E che abbiamo anticipato autofinanziandoci, tutte le spese sostenute fino ad oggi?!?!?!
6) L'atto aggiuntivo alla nostra convenzione del 2014, atto del novembre 2016, che va a regolare i rapporti tra noi ed il Comune di Massa per l'inserimento nella casa rifugio delle donne vittime di violenza residenti nel Comune di Massa nei limiti dei posti riservati, all' Art.3 cita :"L'Associazione, nella disponibilità degli otto posti letto previsti nella casa rifugio riserverà al Comune una stanza con tre posti letto per l'inserimento di donne sole o con minori vittime di violenza. Per i rimanenti posti non convenzionati A.R.PA. gestirà gli accessi in modo autonomo in base alla normativa vigente."
7) La stanza convenzionata con il Comune era già occupata da un nucleo familiare all'epoca dei fatti.

Pertanto abbiamo risposto pubblicamente con il seguente Comunicato Stampa del 24/05/2017:
Il Centro Antiviolenza D.U.N.A. è un servizio dell’ Associazione A.r.pa.- Associazione Raggiungimento Parità, per donne con o senza figli/e che vivono o hanno vissuto situazioni di maltrattamenti, violenza e abusi.Il Centro Antiviolenza fa parte della Rete Regionale TOSCA ed è supervisionato dal Centro Antiviolenza Frida Kahlo di San Miniato (PI) che fa parte della rete TOSCA e dell’ Associazione Nazionale D.i.Re (Donne in rete) che raccoglie 80 centri antiviolenza non istituzionali che affrontano il tema della violenza maschile sulle donne secondo l’ottica della differenza di genere.Le operatrici del Centro Antiviolenza sono specializzate sul tema della violenza e del maltrattamento su donne e minori. Tali competenze sono state acquisite attraverso una formazione iniziale, la continua supervisione, i corsi di aggiornamento e tramite l’esperienza diretta di ascolto, accoglienza e relazione con le donne che hanno contattato il Centro D.U.N.A.In data 31 dicembre 2014 l’associazione ha stipulato una convenzione con il Comune di Massa, convenzione a zero euro. Il Centro Antiviolenza non è mai stato finanziato dal Comune di Massa ma si basa solo sul lavoro delle volontarie e sui contributi derivanti da progetti realizzati e vinti dell’associazione stessa.In data 10 novembre 2016 è stata assegnata una struttura per la costituzione della casa rifugio in comodato d’uso gratuito, con a carico dell’associazione le spese dell’uso dei locali: utenze e condominio.L’appartamento consta di quattro camere da letto, di cui una, che può ospitare un nucleo familiare composto fino ad un massimo di tre persone, riservata alle donne residenti nel Comune di Massa. Onere del Comune è il pagamento di una retta giornaliera di 30 euro per ciascuna donna e ciascun minore. Rette che nonostante gli inserimenti effettuati a partire dal 1° gennaio di quest’anno non sono state ancora pagate e questo malgrado le spese siano già state sostenute dall'associazione A.R.PA. che pertanto ha dovuto autofinanziarsi.Le case rifugio per donne vittime di violenza di genere con o senza minori si differenziano da qualsiasi altra struttura di accoglienza in quanto non sono preposte alla mera protezione ma anche e soprattutto alla elaborazione insieme alla donna di un percorso individualizzato di fuoriuscita dalla violenza e di autonomia. La metodologia che le contraddistingue vede come aspetto centrale la volontà della donna e la sua autodeterminazione.
L'ospitalità presso la casa rifugio deve pertanto essere valutata dalle operatrici specializzate e deve essere condivisa e accettata consapevolmente dalla donna ospite.Requisiti indispensabili per l’inserimento in casa rifugio sono la volontà e la richiesta esplicita della donna di uscire dalla situazione di violenza e di maltrattamento in cui versa.
Il caso del mancato inserimento nella casa rifugio gestita dall’Associazione A.R.PA.. Nel caso di specie, le operatrici, dopo aver parlato con la signora e aver valutato la situazione, hanno ritenuto che non vi fossero i presupposti per procedere all'inserimento nella casa rifugio ad indirizzo segreto.Al fine di tutelare la sua incolumità psicofisica, stante la mancata assunzione di un provvedimento di allontanamento del figlio, si è comunque ritenuto necessario individuare una struttura idonea e rispondente ai bisogni della donna.
Le operatrici del centro antiviolenza si sono allontanate solo dopo essersi accertate che tale struttura fosse stata individuata dal Servizio Sociale competente.Si fa comunque presente che al momento della richiesta di inserimento da parte dei Servizi Sociali, la stanza che da convenzione siamo tenute a riservare alle donne residenti nel Comune di Massa, era già occupata da un nucleo familiare.Riteniamo indegna la campagna mediatica sollevata su questo caso che rischia oltretutto di mettere in pericolo la segretezza della struttura da noi gestita .Ci auguriamo che il tutto sia almeno servito a far sapere che sul territorio c’è un centro antiviolenza, al quale è possibile rivolgersi in completo anonimato, che ha aiutato e sostenuto oltre 200 donne sino ad oggi.
Al minuto 8.26 il servizio della nostra rettifica andato in onda al TG di Antenna 3 del 25/05/2017



Articolo de Il Tirreno del 26/05/2017



Contatti per la stampa
Dott.ssa Francesca Rivieri
+39 339 3601036
associarpa@gmail.com

giovedì 18 maggio 2017

TOSCANA PRIDE 2017

Anche per questo anno 2017 ARPA aderisce al Toscana Pride che si svolgerà il 27 Maggio ad Arezzo!

Il TOSCANA PRIDE nasce dal coordinamento regionale delle associazioni e dai gruppi organizzati che operano nello spazio LGBTIQA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Intersessuali, Queer, Asessuali), al fine di promuoverne la piena cittadinanza. Il nostro intento è quello di trasformare l’indignazione, la paura e la rabbia per i soprusi e le discriminazioni in PARTECIPAZIONE ATTIVA e COSTRUTTIVA.
Come soggetti presenti concretamente sui territori, direttamente impegnati a rispondere ai molteplici bisogni delle persone LGBTIQA+, uniti in un coordinamento per rafforzare la nostra voce, rivendichiamo il ruolo di soggetto politico nel dialogo con le istituzioni, in merito alle politiche che incidono sulle nostre vite. 
TOSCANA PRIDE è un progetto regionale e per questo motivo itinerante, partito dal capoluogo (Firenze 2016) percorrerà la strada dei diritti toccando tutte le province e le differenti realtà geografiche della Toscana. 

Il 27 maggio sarà Arezzo ad ospitare l'evento finale 2017. Una “piccola città dall'anima antica”, conosciuta non solo per il proprio patrimonio artistico-culturale, ma anche per la profonda tradizione rurale e artigianale in cui è immersa, che negli ultimi anni ha visto inasprirsi atteggiamenti di chiusura e divisione, talvolta sfociati in dimostrazioni di vera e propria intolleranza. Toscana Pride ad Arezzo per portare l'arcobaleno in una realtà ancora molto chiusa e conservatrice, per portare sorrisi e abbracci laddove c'è timore e diffidenza ad accogliere le differenze, per unire tutta la cittadinanza in una strada che include chiunque, per ribadire che si può e si deve essere ciò che si è, senza paura e con orgoglio, anche nelle cittadine di provincia, nelle campagne o in montagna. 

Contesto 2017 

In Italia da nemmeno un anno è entrata in vigore la legge sulle Unioni Civili e la giurisprudenza continua ad emettere sentenze in difesa del preminente interesse del/della minore, sottolineando, in maniera stridente, il colpevole vuoto lasciato dalla politica in materia di tutela dei diritti delle bambine e dei bambini nati all’interno di famiglie omogenitoriali. La piena uguaglianza e dignità alle coppie dello stesso sesso non è ancora stata riconosciuta. 
Le iniziative di Enti Locali, Università e Istituti d'istruzione hanno prodotto piccoli grandi miglioramenti concreti e una parte dei media comincia, seppur lentamente, a diminuire la diffusione di un’immagine stereotipata dell’universo LGBTIQA+. 
Rispetto però a questi primi positivi mutamenti, anche secondo il rapporto 2016 di ILGA l’Italia è il paese dell’Europa occidentale che meno tutela i diritti umani delle persone omosessuali, bisessuali e trans e in cui maggiori sono le discriminazioni. 
Le iniziative di legge per il contrasto alla violenza omo-bi-transfobica sono bloccate e non prevedono nessuna efficace misura rispetto ai fenomeni del bullismo e dell'incitamento all'odio, in un contesto in cui quotidianamente assistiamo a fenomeni di propaganda violenta basata su menzogne e/o concetti privi di ogni base di realtà. Le spinte conservatrici in atto non riguardano solo l’Italia ma arrivano anche dal resto del mondo, dai movimenti nazional-populisti europei all’America di Trump, con il serio rischio che non vengano pienamente garantiti neppure diritti riconosciuti e dati per acquisiti, come l'interruzione volontaria della gravidanza, le pari opportunità di genere, la laicità dello stato e la democrazia.