Succede a Torino che un uomo di 39 anni, denunciato per “atti persecutori” per aver inseguito, per
due mesi!, una ragazza di 24 anni, “ovunque lei si recasse” (come si legge negli atti giudiziari), sia
stato rinviato a giudizio.
Succede che l’imputato, durante l’udienza di rito abbreviato, abbia offerto 1.500 euro come risarcimento del danno.
Succede che, nonostante la parte lesa abbia rifiutato, il GUP abbia ritenuto la cifra “congrua”, abbia disposto il deposito della somma su un libretto intestato alla donna e abbia dichiarato sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per condotte riparatorie ex art. 162-ter del codice penale.
Il reato è estinto, lo stalker è libero, la parte lesa è doppiamente vittima, dello stalker prima e del
sistema legislativo e giudiziario poi. Il Giudice ha applicato una legge, che, va detto, è decisamente
una "cattiva" legge.
L'art. 162-ter del codice penale, introdotto con legge n. 103 del 2017, prevede che "nei casi di
procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la
persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente (...) il danno cagionato dal reato,
mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o
pericolose del reato”. Tra i reati procedibili a querela soggetta a remissione rientrano anche alcune
ipotesi di stalking, alle quali si estende, dunque, la nuova causa di estinzione del reato per condotte
riparatorie.
È inoltre previsto che il risarcimento possa essere sostituito dall’offerta reale formulata
dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della
somma offerta a tale titolo.
La sentenza del tribunale di Torino, emessa giusto qualche giorno fa, è la prima applicazione pratica
di tale riforma al reato di stalking. Reato estinto per aver l’imputato pagato una somma pari a 1.500
euro, indipendentemente dalla volontà contraria della vittima.
Forse non è chiara la gravità della pronuncia e per questo ricordiamo che, con l’introduzione del
reato di stalking nel 2009, si è finalmente cercato di dare una risposta sanzionatoria appropriata a
condotte che, fino a quel momento, venivano inquadrate nei meno gravi delitti di minaccia, violenza
privata o nella contravvenzione di molestie. Fattispecie, queste, che si sono dimostrate spesso
inidonee a fornire una tutela adeguata a fronte di condotte che presentano un coefficiente di gravità
maggiore, sia per la reiterazione degli atti persecutori, sia per la loro incidenza negativa sulla sfera
privata e familiare della vittima. La riforma del 2009 ha cercato, pertanto, di consentire un
intervento efficace, anche sotto il profilo cautelare e di tutela della vittima, nei confronti di condotte
volte a controllare e a limitare la libertà della persona messe in atto solitamente da partner o ex
partner, condotte di solito prodromiche rispetto a fatti più gravi quali aggressioni sessuali o
femminicidi.
Possibile, allora, che qualche mese fa si sia introdotta la possibilità di estinguere alcune ipotesi di
stalking con il pagamento di una somma pecuniaria? Ebbene sì.
Senza alcuna rilevanza della volontà della parte lesa? Ebbene sì.
In un Paese in cui ogni tre giorni viene uccisa una donna? Ebbene sì.
Quanto valgono la sofferenza di una donna, la limitazione della sua libertà, la sua vergogna, la sua
paura, la compromissione delle sue abitudini di vita? Più o meno 1.500 euro, a quanto pare.
Confidiamo in una riforma della riforma. Subito.
(Cristiana Sani)