Comunicato stampa in merito all'emendamento passato ieri nella Commissione Affari Istituzionali del Comune di Massa.
Ciò che non si nomina non esiste.
Occuparsi di linguaggio di genere non significa concentrarsi su un aspetto formale della lingua italiana. La lingua infatti non è solo uno strumento di comunicazione ma riflette ed esplicita identità e valori della società che la utilizza e, allo stesso tempo, influenza il modo di pensare, interpretare e definire la realtà.
Dietro forme ed espressioni linguistiche di uso comune spesso si celano stereotipi e pregiudizi sociali, culturali e sessuali che, nell’uso della lingua, sono trasmessi spesso in maniera inconsapevole.
Di conseguenza la prevalenza del genere maschile nella lingua italiana riflette l’effettiva asimmetria di potere esistente nella nostra società. La declinazione al maschile della maggioranza delle professioni, dei ruoli lavorativi e degli incarichi pubblici è dovuta, infatti, alle limitazioni relative alla possibilità di intraprendere alcune carriere professionali o di assumere cariche pubbliche di un certo rilievo da parte delle donne.
Per garantire pari opportunità occorre, invece, riconoscere e valorizzare le differenze di genere. Al linguaggio viene quindi riconosciuto un ruolo strategico per dare riconoscimento e dignità alle donne e ai ruoli che esse ricoprono e per poter proseguire sulla strada dei diritti e dei mutamenti culturali.
Occorre un cambio di passo verso il rinnovamento della lingua e della cultura, in questo senso gli Enti pubblici possono svolgere un ruolo propulsivo molto importante.
Capirete quindi lo sconforto nell'apprendere la notizia che ieri in Commissione Affari Istituzionali, sulla stesura del nuovo regolamento del Consiglio Comunale, è passato un emendamento votato dalla maggioranza e rifiutato dalla minoranza per togliere il linguaggio di genere dal suddetto regolamento.
È una questione culturale prima ancora che linguistica ed è chiaro che la cancellazione della metà del genere umano da un documento ufficiale sia un atto simbolico che ancora una volta discrimina ed esclude le donne. Chiediamo che l' Assessora Zanti con delega alle pari opportunità e il Sindaco come garante dei diritti di tutte e tutti cittadine/i rifiutino a gran voce questa proposta che ci riporta indietro di anni.
Le donne dell'Associazione ARPA