Il numero 1 2015 della rivista femminista MAREA diretto da Monica Lanfranco contiene anche il nostro articolo 'Una questione maschile o maschilista?'
SOMMARIO MAREA 1 2015
PAG 2 L’EDITORIALE
Pag 3 FARO [news dal mondo]
Violenza contro le donne e militarismo, a Vicenza di Monica Lanfranco
Charlie Hebdo e la ‘cultura dell’offesa’ di Maryam Namazie
Pag 8 ORCA [braccio di ferro]
Cedere potere, o prestare attenzione? di Monica Lanfranco
Gender as a spectrum di Francesca Sensini
Il potere di creare il mondo in cui vogliamo vivere di Laura Cima
Il potere di chi guarda di Elisabetta Borzini
Scelte necessarie di Agnese Prandi
Una questione maschile o maschilista? a cura del Centro D.U.N.A.
Il mio migliore amico di Rossana Piredda
Parlare di violenza con gli uomini di Erica Ardenti
Pag 40 Flusso [satira e sarcasmo]
W la menopausa di Lorella Marini
Pag 44 Delfino [uomini rari si raccontano]
L’importanza degli uomini di Luca Dellepiane
La scuola per la prevenzione della violenza maschile di Beppe Pavan
Pag 50 Medusa [corpi che contano]
Ho visto di Micaela Montesarchio Migliore
Diario e riflessioni su Le parole ritrovate di Beatrice Monroy
Pag 61 CONCHIGLIE [libri e cinema] Sullo scaffale
Editoriale
Cosa succede se gli uomini iniziano a entrare nel discorso femminista, e si comincia a ragionare sulla loro inclusione dentro ai percorsi di cambiamento nelle relazioni tra i generi, nel privato come nello spazio pubblico?
Perché il discorso della giovane Emma Watson, testimonial della campagna Onu HeforShe ha lasciato indifferente se non ostile parte del movimento delle donne, invece che essere considerato una vittoria, dopo l’emersione della brutta campagna social delle ragazze against feminism?
Si è detto spesso che senza la voce degli uomini contro la violenza di genere, in ogni forma e declinazione, non ci sarà fine al fenomeno del femminicidio e che, in generale, senza una presa di posizione collettiva e individuale del mondo maschile contro la cultura patriarcale la violenza derivante dagli stereotipi sessisti resterà saldamente presente nel mondo.
Eppure non è né semplice né immediata l’inclusione degli uomini nel percorso di cambiamento: fino a che siamo noi a parlare, manifestare, dire del sangue e dell’ingiustizia la voce è solo la nostra.
Quando lui prova a parlare, ecco che può capitare che ci prenda la paura, giustificata dalla storia fin qui, che la nostra voce possa essere zittita.
Può capitare di avere paura di perdere quel poco di autorevolezza e di potere così a fatica raggiunta. Si può cambiare il mondo senza prendere il potere, e senza cedere quello che si è costruito?